In presenza di riscossione a mezzo ruolo di tributi, con presupposto impositivo realizzato da una società di persone, il socio può impugnare la cartella a lui notificata eccependo la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (secondo il quale i creditori sociali, prima di rivolgersi direttamente ai soci, devono provare a far valere i loro crediti direttamente nei confronti della società e solo dopo possono rivolgersi ai soci illimitatamente responsabili).
Se siamo al cospetto di società semplici (nella pratica poco diffuse, in quanto non possono svolgere attività commerciali) o irregolari, il socio ha comunque l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi (totalmente o parzialmente) sul patrimonio sociale. Se si tratta di società in nome collettivo, società in accomandita semplice o società in accomandita per azioni (quest’ultime anch’esse poco diffuse), è il creditore che dovrà provare l’insufficienza del patrimonio sociale (salvo che ciò non sia già acclarato da circostanze note, quali ad esempio l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese). Se tale prova non sarà fornita, sulla base di quanto previsto dall’art.2697 del c.c., il ricorso potrebbe essere accolto laddove l’onere della prova spetti all’amministrazione finanziaria che ha emesso il ruolo.
Questo è il succo di una sentenza dello scorso dicembre della Cassazione, emessa a Sezioni Unite.
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