Il nuovo contributo a fondo perduto del decreto sostegni

Alla fine la montagna ha partorito il topolino. Dopo un lungo e travagliato iter, è stato pubblicato il decreto legge 41/2021 che disciplina i nuovi aiuti elargiti per fronteggiare la pandemia che ancora non vuol saperne di allentare la presa sulla popolazione. Le prime dichiarazioni del nuovo premier Draghi lasciavano intendere che ci sarebbero stati degli aiuti molto concreti alle imprese, a fronte del perdurare delle forti limitazioni all’attività: niente di tutto ciò. Sia questa misura (che analizzeremo qui di seguito), sia altre che analizzeremo in successivi articoli, hanno lasciato un po’ l’amaro in bocca, in quanto sono solo delle briciole rispetto alle perdite che le imprese hanno dovuto patire in questo sciagurato periodo.

Ma cominciamo ad analizzare il nuovo fondo perduto, disciplinato dall’art.1 del decreto.

 

COME FUNZIONA

Il contributo spetta ai titolari di partita iva, sia che producano reddito d’impresa, sia che producano reddito di lavoro autonomo (artisti e professionisti), sia che producano reddito agrario: in pratica, tutti.

Spetta ai soggetti con ricavi/compensi nel 2019 non superiori a 10 milioni di euro: anche in questo caso, in pratica tutti (o quasi).

Spetta ai soggetti che rispecchiano la condizione principale: l’ammontare medio mensile del fatturato (comprendendo sia il fatturato vero e proprio, sia gli importi dei corrispettivi, ancorché emessi senza la fattura) del 2020 deve essere inferiore per almeno il 30% all’ammontare medio mensile del fatturato del 2019. Ma attenzione: coloro che hanno aperto la partita iva dal 1° gennaio 2019, non sono soggetti al rispetto della condizione, per cui accedono a prescindere dal calo di fatturato (potrebbe esserci un calo anche del 4% o addirittura un incremento); vedremo dopo cosa accadrà a questi soggetti.

 

SOGGETTI ESCLUSI

Coloro che non possono richiedere il contributi sono principalmente i soggetti che hanno attivato al partita iva dopo l’entrata in vigore del decreto, quindi dal 23 marzo in poi; nonché coloro che hanno cessato la partita iva alla data sempre del 23 marzo.

 

IMPORTO DEL CONTRIBUTO

Le roboanti percentuali sparate dai media, si traducono in aiuti reali in verità di entità modesta. Vediamo intanto come funziona il calcolo: bisogna determinare la differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato del 2019 e l’ammontare medio mensile del fatturato del 2020. Poi vanno applicate le percentuali:

  • 60% se i ricavi/compensi del 2019 non sono stati superiori a 100.000 euro;
  • 50% se non sono stati superiori a 400.000 euro;
  • 40% se non sono stati superiori a 1 milione di euro;
  • 30% se non sono stati superiori a 5 milioni di euro;
  • 20% se non sono stati superiori a 10 milioni di euro.

Inoltre c’è un importo minimo e un importo massimo: il minimo è pari a 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per i soggetti diversi (in sostanza, le società); il massimo è pari a 150.000 euro.

Andiamo a fare un esempio concreto: immaginiamo un commerciante del settore moda che ha avuto corrispettivi nel 2019 per 300.000 e che nel 2020 ha avuto un grosso danno, chiudendo con 200.000. Supponendo che eserciti da diversi anni (e che non abbia quindi iniziato dal 2019), a fronte di una perdita secca e devastante di 100.000 euro (anche perché eventuale merce invenduta, non sarà facile ripiazzarla sul mercato), si aspetterebbe un buon aiuto. Intanto bisogna verificare se rispecchia il requisito: il fatturato medio mensile del 2019 è 25.000 euro (300.000 diviso 12), mentre quello del 2020 è 16.667 (200.000 diviso 12). La perdita è stata del 33,33%, per cui rientra nella condizione e può accedere. Per il calcolo del beneficio applicherà la percentuale del 50% (ricavi/compensi non superiori a 400.000 euro); la differenza della media è pari a 25.000 meno 16.667, cioè 8.333. Il beneficio sarà pertanto pari a 4.167 euro.

E’ evidente come a fronte di una perdita secca di 100.000 euro, tale soggetto viene ristorato con appena poco più di 4.000 euro. Per carità, non si rinuncia affatto… ma non sono certo importi considerevoli come qualcuno aveva pensato guardando le percentuali.

E se il nostro soggetto commerciante avesse avuto corrispettivi nel 2020 per 220.000 euro, con con una perdita di 80.000 euro? Ebbene, sviluppando i calcoli non avrebbe diritto ad alcun beneficio, perché non avrebbe rispettato la condizione del 30% in meno sulla media mensile! Se invece, a parità di numeri, avesse aperto la partita iva nel 2019, non avrebbe necessità di rispettare la condizione e quindi potrebbe accedere, calcolando la media e applicando il 50% sulla differenza della media. Da ciò ne deriva che chiunque ha aperto la partita iva dal 1° gennaio 2019, accederà in ogni caso e avrò almeno l’importo minimo (anche nel caso in cui in realtà nel 2020 avesse incrementato la media rispetto al 2019).

 

COME SI OTTIENE IL CONTRIBUTO

A differenza del contributo dello scorso anno, il quale veniva pagato tramite bonifico, adesso è possibile fare una scelta tra:

  • erogazione tramite bonifico bancario;
  • utilizzo come credito d’imposta in compensazione con altre imposte nel modello F24.

 

La scelta va fatta subito, nell’istanza con cui si richiede il contributo: una volta effettuata, non è più modificabile.

L’Agenzia delle Entrate ha già emanato il provvedimento attuativo della disposizione e quindi da fine marzo sarà già possibile inviare le istanze.

Il contributo non concorrerà alla formazione dei redditi (quindi non si pagheranno imposte su di esso).

 

SIAMO CON VOI

Nei prossimi giorni inizieremo a verificare chi dei nostri clienti avrà diritto al contributo e provvederemo alle comunicazioni individuali ai soggetti aventi diritto. Per tutti gli altri, restiamo a disposizione.

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