Gli importi accertati devono considerarsi compresi dell’IVA

E’ un principio sul quale ci siamo sempre battuti, anche di fronte all’Agenzia delle Entrate. Nei casi in cui viene dimostrato (o viene presunto) l’incasso di somme non dichiarate al fisco, gli accertatori tendono a chiedere l’IVA su questo importo e le imposte su quel reddito evaso. Però non è propriamente così. Il perché lo vediamo con un semplice esempio.

Da una verifica si scopre che Alfa SRL ha incassato in nero 10.000 euro; non ci importa in che modo li abbia incassati e come ciò sia dimostrabile, ma supponiamo che questo sia il dato di partenza. L’Ufficio emetterà un avviso di accertamento in cui rettificherà il reddito aumentandolo di 10.000 euro (chiedendo quindi una maggiore imposta di 2.400 euro, pari al 24% di IRES, visto che nel nostro esempio si tratta di una SRL), nonché l’IVA evasa su 10.000 euro, pari a 2.200 euro (supponendo che Alfa SRL venda beni soggetti all’aliquota ordinaria del 22%).

In totale verranno richieste pertanto 4.600 di maggiori imposte, più sanzioni e interessi.

Ma è davvero corretto? In realtà no, perché se davvero le cifre fossero quelle dell’avviso di accertamento, Alfa SRL avrebbe incassato in nero 12.200 euro, non 10.000!

Dal momento che l’assunto di partenza è che gli incassi in nero sono 10.000, bisogna scorporare tale cifra dall’IVA. Infatti, se Alfa SRL ha incassato 10.000 euro in nero, vuol dire che in realtà ha incassato:

  • Imponibile = 8.196,72
  • Iva (22% su 8.196,72) = 1.803,26
  • Totale di incassi dimostrati in nero = 10.000

Detto ciò, l’avviso di accertamento corretto dovrebbe essere diverso. Il reddito andrebbe infatti rettificato per 8.196,72 euro (e non per 10.000) e l’IVA da richiedere sarebbe 1.803,26 e non 2.200. L’avviso corretto dovrebbe pertanto accertare una IRES di 1.967,22 (24% di 8.196,72) e un’IVA di 1.803,26, per un totale di 3.770,48, cioè ben 829,52 euro in meno rispetto al calcolo che tendono a fare gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

La Corte di Giustizia UE, le cui decisioni valgono per tutti gli Stati membri e che ha certamente un peso maggiore persino rispetto alla nostra Corte di Cassazione, nella causa C-521/19, ha confermato in pieno il ragionamento che già da anni portiamo avanti nelle nostre difese! In quel caso infatti erano emersi corrispettivi percepiti e non dichiarati tra due soggetti spagnoli ed era stato emesso un accertamento allo stesso modo in cui procede anche la nostra Agenzia delle Entrate. I giudici europei hanno pertanto stabilito che quando si scoprono operazioni soggetti all’IVA non fatturate (in nero), l’IVA deve ritenersi inclusa nell’importo.

SEMPRE CON VOI

Con questa bella soddisfazione, vi ricordiamo che siamo sempre pronti a trovare per i nostri clienti ogni appiglio per la difesa dagli attacchi degli enti impositori.

 

 

 

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