La dichiarazione dei redditi si può sempre ritrattare

A chiunque può capitare di commettere un errore in una dichiarazione dei redditi, a sfavore del contribuente, indicando pertanto magari un credito inferiore rispetto a quello a cui si avrebbe diritto. Quando si tenta poi di far valere le proprie ragioni, spesso l’Agenzia delle Entrate sostiene che non si può sostenere qualcosa di diverso rispetto a quanto indicato nella dichiarazione dei redditi, in quanto non è stata presentata una dichiarazione integrativa.

Pensiamo a un caso concreto: un contribuente paga per errore un importo superiore rispetto al dovuto, ad esempio versa due volte un modello di pagamento e anziché pagare 1.000 euro paga 2.000 euro. Nella dichiarazione del successivo anno, riporta 1.000 euro di credito dalla dichiarazione precedente; ha però lasciato tale precedente dichiarazione senza l’evidenza di questo credito di 1.000 scaturente da un versamento in eccesso, per cui l’Agenzia delle Entrate sosterrà che nella dichiarazione successiva sono stati riportati 1.000 euro indebitamente, richiedendoli con interessi e sanzioni. Davanti al giudice tributario, proverà a sostenere che non è stata presentata la dichiarazione integrativa nell’anno precedente.

In realtà, la Cassazione, con una ordinanza dello scorso giugno, ha ribadito quanto già espresso in maniera chiara nel 2016: la dichiarazione dei redditi è una dichiarazione di scienza, per cui sempre ritrattabile a favore del contribuente, persino in sede giudiziaria (cioè in commissione tributaria). Certo, sarà sempre obbligo del contribuente dimostrare in giudizio il suo diritto (nel nostro esempio, l’esistenza del credito dell’anno precedente), ma riuscendo a dare prova di quanto sostenuto allora il giudice accorto, in applicazione dei principi della Cassazione, gli darà ragione.

Il principio dei massimi giudici è quindi il seguente: “Il contribuente può sempre opporsi alla maggiore pretesa dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria“.

Tale orientamento peraltro non è solo presente in giurisprudenza, ma trova invece un pieno perno anche nella normativa fiscale: il D.L. 22 ottobre 2016, n.193, ha infatti modificato la normativa riguardante la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, cioè il D.P.R. 322 del 1998; in particolare, dopo le modifiche apportate, il comma 8-bis dell’art.2 contiene adesso un passaggio fondamentale in tal senso: “Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito.

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