Tra i tanti aiuti piovuti spesso in maniera piuttosto casuale, in seguito all’emergenza epidemiologica, sembra un po’ passata in sordina una rilevante possibilità offerta in merito alla rivalutazione dei beni materiali e immateriali prevista dal “Decreto Agosto” (oltre a quella delle partecipazioni in imprese collegate e controllate).
Prima di vedere di cosa si tratta, è opportuno delineare subito il perimetro applicativo, in quanto è una possibilità offerta esclusivamente alle s.r.l. (società a responsabilità limitata) e alle cooperative, per le tipologie più comuni (poi ci stanno anche le s.p.a., le s.a.p.a., le società euroee, enti che svolgono attività commerciali). Non è possibile sfruttare questa rivalutazione da parte delle imprese individuali e delle società di persone, quali le s.n.c. (società in nome collettivo) e s.a.s. (società in accomandatita semplice).
COME FUNZIONA
Tramite la rivalutazione concessa dal “Decreto Agosto”, sarà possibile rivalutare nel bilancio 2020 una serie di beni iscritti, cioè le immobilizzazioni (sia materiali che immateriali), nonché eventuali partecipazioni in società controllate o collegate. Sono esclusi i beni merce (ad esempio un’impresa di costruzioni non può rivalutare la villetta che ha costruito al fine di venderla).
Rispetto ad altre rivalutazioni che sono state concesse nel passato, questa si caratterizza per la grande versatilità, in quanto è possibile scegliere i singoli beni da rivalutare (mentre in passato in genere bisognava rivalutare tutti i beni di una categoria omogenea), nonché per la grande convenienza, in quanto con il pagamento di una imposta sostitutiva di appena il 3% è possibile ottenere il riconoscimento fiscale del maggior valore, con conseguente possibilità di operare ammortamenti più alti (con conseguente risparmio fiscale).
Altro grande vantaggio: in caso di cessione del bene, la plusvalenza sarà calcolata sulla differenza tra il valore di vendita e il valore rivalutato (e non quello originario), per cui potrebbe aversi un grandissimo vantaggio anche in questo caso.
L’IMPOSTA SOSTITUTIVA
Come detto, se si vuole ottenere un riconoscimento fiscale della rivalutazione (non è obbligatorio: si potrebbe decidere di rivalutare il bene senza pagare nulla, ma ovviamente non si potrebbero sfruttare poi le maggiori quote di ammortamento), bisogna corrispondere un’imposta sostitutiva del 3% sulla rivalutazione, da pagare anche in tre rate che scadrebbero ogni anno con il saldo delle imposte (quindi la prima nell’estate del 2021, la seconda nell’estate del 2022, la terza nell’estate del 2023).
Facciamo un esempio: supponiamo di avere un impianto datato, iscritto in bilancio per 100.000 euro, già completamente ammortizzato (aliquota di ammortamento 20%). Supponiamo che valga in realtà 140.000 euro, quindi lo rivalutiamo di 40.000 euro. Per riconoscere il maggior valore fiscale, occorre pagare il 3% di 40.000 euro, quindi 1.200 euro (anche in tre comode rate annuali da 400 euro). Grazie al pagamento dell’imposta sostitutiva, dal 2021 si effettueranno gli ammortamenti al 20% su questi 40.000 euro in più: su tali ammortamenti, ci sarà un risparmio di imposte e considerando le attuali aliquote del 24% per l’ires e del 3,9% per l’irap, ci sarà un risparmio di 11.160 di imposte nei successivi 5 anni, a fronte del pagamento di 1.200 euro di imposta sostitutiva! Non male.
AFFRANCAMENTO DEL SALDO ATTIVO
E’ una questione un po’ più tecnica, ma merita almeno un cenno. L’importo della rivalutazione, finirà in bilancio in una riserva in sospensione d’imposta: ciò vuol dire che nel momento in cui i soci volessero prendere queste somme, dovrebbero comunque pagare le imposte sul reddito (come se fossero utili). Ebbene, è possibile anche pagare un ulteriore 10% per affrancare tale riserva e fare in modo che al momento della distribuzione non ci saranno più imposte da pagare. Tornando all’esempio precedente, se i soci volessero poi distribuire quella riserva da 40.000 euro, dovrebbero in condizioni normali subìre la ritenuta secca del 26% sulla distribuzione (in base alle attuali regole); pagando invece il 10% (quindi 4.000 euro) subito, eviterebbero di perdere dopo 10.400 euro, con un ulteriore risparmio di 6.400 euro. Ovviamente si può scegliere di non affrancare la riserva e lasciarla sempre nel patrimonio della società.
ALTRI ASPETTI
Va considerato che rivalutare un bene aumentando il suo costo storico, ha anche il suo vantaggio a livello di eventuali spese di manutenzione (che per la generalità delle imprese, hanno un limite di spesa nell’esercizio pari al 5% del costo storico delle immobilizzazioni: aumentando questo valore, ovviamente aumenta questo plafond per le spese di manutenzione).
Altri due aspetti vanno considerati: se prima del 2024 il bene rivalutato dovesse essere ceduto, ai fini della plusvalenza si terrà conto del valore originario e non di quello rivalutato, per cui bisogna fare attenzione a non cedere il bene in tempi brevi. L’altro aspetto riguarda la stima del valore, ai fini della rivalutazione: per rispettare il principio di veridicità del bilancio, questo valore deve essere comunque attendibile: la norma del 2000 che ha disciplinato la prima rivalutazione (e che viene espressamente richiamata anche dal “Decreto Agosto”) infatti specifica che i valori iscritti in seguito alla rivalutazione, non possono in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla capacità produttiva, alla possibilità effettiva di utilizzazione economica.
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