In questo periodo l’INPS sta applicando pesanti sanzioni ai datori di lavoro che non hanno versato le ritenute previdenziali e assistenziali dei dipendenti. Parliamo dei contributi che vengono trattenuti dalla busta paga dei dipendenti e versati tramite modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo.
Purtroppo tali sanzioni sono anche sproporzionate, rispetto alla gravità del comportamento del contribuente, il quale potrebbe trovarsi nella indesiderabile condizione di dover pagare anche una sanzione di 18.000 euro per non aver versato un centinaio di euro di ritenute! La normativa italiana va probabilmente anche contro i principi dettati dalla CEDU (Corte Europea dei Dirittu dell’Uomo), alla quale potrebbe ricorrersi, ma con tempi discretamente lunghi.
CIò che vogliamo analizzare invece in questo articolo è la normativa che permette all’INPS di appioppare sanzioni così pesanti.
L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE
Tutto nasce da una norma, l’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1983, n.463.
Dopo una serie di modifiche (parecchie, considerando che è una norma abbastanza datata), ad oggi recita così:
L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione |
In sostanza, se non vengono versate ritenute per un importo superiore a 10.000 euro in un anno, si rischia la reclusione e una multa fino a 1.032 euro. Se invece l’importo non è superiore a 10.000 euro annui (quindi se un datore di lavoro non ha versato anche 300 o 400 euro), da un lato non rischia la reclusione (e meno male), ma la sanzione amministrativa pecuniaria viene elevata in maniera abnorme, dal momento che sarà compresa in un intervallo che va da 10.000 euro a 50.000 euro.
L’unico modo per evitare questo turpe scenario, è provvedere al pagamento entro tre mesi dalla contestazione. Se purtroppo, una volta ricevuta la contestazione, vengono lasciati scorrere questi tre mesi (magari pensando che quella contestazione di 300 euro non sia nulla di che), si cade nel baratro.
Per la precisione, questo articolo è così dal 2016: è stato infatti il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.8 che ha modificato questa norma del 1983, portandola alla definizione attuale.
SEMPRE CON VOI
Invitiamo tutti i nostri clienti a porre sempre attenzione a versare le ritenute previdenziali e assistenziali (INPS e INAIL), evitando il più possibile di tralasciarle. Soprattutto, invitiamo a fare attenzione a tutti gli avvisi di contestazione che dovessero pervenire. Vi ricordiamo che oggi le notifiche vengono effettuate anche (e soprattutto) tramite PEC, per cui è fondamentale controllare costantemente la PEC, in quanto un atto depositato nella PEC si considera notificato nella data in cui la PEC è stata depositata nella casella e una volta che sono scaduti i termini non c’è più molto da fare.