Il contributo a fondo perduto previsto dall’art.25 del Decreto Rilancio è una misura che potrebbe portare davvero un po’ di ristoro a chi è stato pesantemente danneggiato dalla crisi epidemiologica. In realtà ha subito scatenato pesanti critiche, per via dell’esclusione dei liberi professionisti iscritti agli Ordini, aggiunta prima della stesura definitiva dell’articolo (nelle prime bozze non era prevista, tale esclusione).
AMBITO APPLICATIVO E CONDIZIONI DI BASE
Cominciamo subito specificando che i soggetti che possono rientrare in questo contributo sono tutti i titolari di partita iva che non superano i 5 milioni di euro di fatturato nel 2019. Non spetta agli enti pubblici.
La condizione principale è quella del calo del fatturato (compresi i corrispettivi): bisogna confrontare quello di aprile 2020 con quello di aprile 2019 e deve verificarsi un calo di almeno un terzo. Se il fatturato di aprile 2019 era 10.000 e quelli di aprile 2020 è 8.000 non spetterà il contributo; se invece quello di aprile 2020 è 6.000, allora la condizione principale è superata, perché si è avuto un calo superiore a un terzo.
Ma attenzione: questa condizione non va verificata per i soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2019, per cui ai soggetti che hanno iniziato dal primo gennaio 2019 spetta a prescindere dal calo di fatturato.
C’è anche un’altra disposizione che taglia fuori tre categorie, nel caso cui abbiano percepito l’indennità di 600 euro dall’INPS: sono Professionisti, co.co.co. e lavoratori dello spettacolo. Il contributo a fondo perduto per loro è incompatibile con l’indennità che hanno incassato grazie al decreto “Cura Italia”.
Il contributo a fondo perduto non concorre alla formazione del reddito, quindi non andranno pagate ulteriori tasse su ciò che si percepisce.
COME SI QUANTIFICA IL CONTRIBUTO?
Per determinare il contributo bisogna mettere a raffronto il fatturato di aprile 2020 con quello di aprile 2019. I contribuenti vengono divisi in tre categorie:
- coloro che hanno avuto nel 2019 compensi fino a 400.000 euro;
- coloro che hanno avuto nel 2019 compensi tra 400.000,01 e un milione di euro;
- coloro che hanno avuto nel 2019 compensi tra 1.000.000,01 e 5 milioni di euro.
A questo punto va verificato l’effettivo calo di fatturato tra i due mesi in questione (ricordiamo: aprile 2019 e aprile 2020) e il contributo è determinato applicando una percentuale a tale calo. La percentuale da applicare è pari al 20% per i soggetti della prima categoria, al 15% per quelli della seconda categoria, al 10% per quelli della terza categoria.
Esempio: ho avuto ricavi nel 2019 per 800.000, pertanto rientro nella seconda categoria. Ad aprile del 2019 ho fatturato 60.000 euro, mentre ad aprile del 2020 ho avuto un calo e quindi ho fatturato solo 25.000 euro. Bene: il calo è stato di 60.000-25.000= 35.000 euro. Applico la percentuale del 15% (quella della seconda categoria) e avrò diritto quindi a un contributo a fondo perduto di 5.250 euro.
Esiste comunque un contributo minimo. A prescindere dall’esito del calcolo, il contributo è pari a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per le società. Nell’esempio precedente, l’esito del calcolo è 5.250 e quindi quello sarà il mio contributo. Ma supponiamo che il mio decremento fosse stato inferiore: ad aprile 2019 avevo avuto un fatturato di 60.000 e ad aprile 2020 di 50.000, quindi un calo di 10.000 euro. Applicando il 15% verrebbe fuori un contributo di 1.500 euro: ebbene, per una società si avrebbe comunque un contributo minimo di 2.000 euro.
COME SI OTTIENE?
Per avere il contributo bisogna presentare una istanza in via telematica. In realtà ancora (al 23 maggio, data in cui stiamo scrivendo) non c’è nulla di pronto, dal punto di vista operativo: bisogna infatti attendere l’avvio di questa procedura telematica, per fare poi l’istanza entro 60 giorni. Bisognerà attendere un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, per mettere in moto la macchina operativa. Sarà necessaria una autocertificazione di regolarità antimafia (in caso di dichiarazione fasulla, scatta la reclusione da 2 a 6 anni). Il contributo sarà poi bonificato dall’Agenzia delle Entrate direttamente su un conto corrente intestato al soggetto richiedente.
Ovviamente l’Agenzia delle Entrate effettuerà poi dei controlli e, nel caso in cui il contributo risultasse non spettante, sarà recuperato con irrogazione di sanzioni (dal 100% al 200%) e interessi. Attenzione particolare va riservata al comma 14 dell’art.25, perché viene specificato che in caso di indebita percezione viene applicato l’art.316-ter del codice penale (indebita percezione di erogazioni a carico dello Stato).
In attesa di ulteriori approfondimenti, restiamo a disposizione per chiarimenti: contattateci o scrivete un commento.